domenica 13 giugno 2010

"La Notte del Passatore", Capitolo VI

Marradi, 65km.

Aveva un gran raffreddore, Enrico, non stava bene, ma ha voluto correrla comunque, questa corsa maledetta.


Ora lo sto passando mentre lui non ha le forze per ricominciare a correre… Inutile chiedergli cosa farà, se pensa di fermarsi o di andare avanti: lo so, che lui andrà avanti FINO IN FONDO, dovesse anche arrivare sulle ginocchia. Lui AMA quello che fa.


Mi dice che ha patito il caldo, e che il raffreddore non gli ha dato tregua. Corsa maledetta, il Passatore, non ti perdona nulla. E’ una corsa che si prende tutto: gambe, corpo e anima, e in cambio ti dà solo sofferenza. E la solidarietà di chi ti corre a fianco.


Sto per dirgli qualcosa, forse una frase di incoraggiamento, forse di compassione, ma cosa può dire l’allievo al maestro, che questi non abbia già sentito… nulla, credo. Non so stare lì con lui o andare, sto per dirgli qualcosa, ma prima che io apra bocca ecco che è lui a dirmi : “Vai Andrea, vai, la strada è tua!”. Riparto.


Buio, vado avanti, c’è qualche sali-scendi, e spesso smetto di correre per affrontare i tratti difficili di passo veloce. Il traguardo è lontano, mancano più di 30km, è buio fitto, sono stanco, le luci dei ciclisti e degli accompagnatori accompagnano la processione dei centisti.


Adesso è dura, è il momento più duro, perché faccio fatica a correre. Il Baldo se ne accorge. Lunghi cavalcavia, sono veramente stanco, le gambe però tengono, devo alternare passo e corsa e tenere duro, più avanti starò meglio. Cammino, ma non è una resa, è il nuotatore che emerge dall’acqua per respirare una boccata d’ossigeno.


Siamo a Popolano, 70°km, qui la strada per qualche km non scende più come prima, bisogna soffrire. Bisogna correre con la testa adesso, lasciare andare le gambe e isolarsi da tutto il resto. Uomini allineati nel buio, biciclette luminose, ogni tanto passa una macchina, piano, e illumina tutta la strada…


Devo usare la testa. Devo gestire il momenti della crisi. Mai mollare, mai buttarsi giù, tenere duro sempre; nel momento in cui arriva la crisi, devo farla mia, devo entrare nella sua stanza e stare lì con lei, poi lei se ne andrà, perché sono più forte di lei. Se c’è freddo, io devo essere il freddo. Se c’è caldo, io devo essere il caldo. Io posso essere tutto, niente mi può fermare. Avanti.


Mi ricordo quando venni qui per la prima volta in macchina, da solo, col mio ‘infallibile’ navigatore sbagliai strada, e invece di arrivare da Brisighella presi un’altra provinciale, da Modigliana… Le strade erano piene di neve, scivolose, venni giù da una collina, per poco non andavo a finire nel fosso. Ma non conoscevo ancora le strade, adesso non sbaglierei più…


Adesso, guardo il crono, ormai siamo a 8 ore di corsa, corro un po’, ho ancora largo margine per stare sotto i 40’ per ogni blocco di 5km, che è il limite che non devo superare. Tengo duro, non vado male, lo capisco perché NON mi supera MAI nessuno, ogni tanto qualcuno mi affianca nei tratti in cui rifiato un po’, ma mi basta ripartire per staccarlo e non rivederlo più.


Ecco S.Adriano, gente sulla strada, mi salutano. Forza, andiamo. Mi fermo e mi cambio di nuovo la maglietta bagnata, il Baldo me ne dà una asciutta delle sue, da ciclista. È gialla, ma è confortevole; non ho MAI corso con qualcosa di giallo addosso…Km.75, tre quarti di gara.


Il traguardo è ancora molto lontano, ma 8 ore fa ero a Firenze. Ora sono qui, in Romagna, nel cuore della notte.


E’ la notte del Passatore, lunga, infinita, una notte che sembra non avere limiti di spazio e di tempo…

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