venerdì 11 giugno 2010

"La Notte del Passatore", Capitolo V

Lascio alle spalle il Passo della Colla. Riparto, adesso è discesa vera. Corro leggero, cercando di non spingere, il Baldo mi affianca, chiacchiera. Mi dice di non rispondergli, a meno che non abbia bisogno di acqua o altro. Daniele è rimasto indietro a mettere a posto la roba.


Ogni 200m sorpasso qualcuno, in discesa vado bene, ma sto leggero col passo, non voglio spaccarmi le gambe. Adesso i km scivolano via abbastanza bene, per un po’ non si farà fatica a correre. Arriva Daniele, intorno è sera, ma non è ancora buio. E' iniziata una seconda corsa, è tutto diverso adesso. Niente più caldo, adesso c'è solo la strada, ci sono solo le gambe di chi corre. Bisogna ripartire di testa, ci provo.


Sono al km.55, adesso comincia ad esserci buio. Daniele sparisce in avanti con la sua bici, col mio zainetto con la mia roba: su alla Colla mi sono messo un maglioncino che mi fa sudare troppo, devo cambiarlo, lo dico al Baldo, che parte subito a cercare Daniele… Rimango solo, ma non sono preoccupato, conosco bene la strada...


Dove sarà andato Daniele... a telefonare, come al solito. Ecco, sono a Casaglia: qui si esce un attimo dalla strada principale e si fa una salitella di 100 metri per entrare in paese. il Baldo mi raggiunge in bici proprio mentre mi metto di passo a fare la salita, ma non ha ancora trovato Daniele. Riparte...

Qui il 10 aprile mi fermai davanti a casa di un signore, insieme a Stefano Grandi e a Maurizio Pirazzini, che ci lasciò la fontana di casa sua per dissetarci… Non solo, visto che la fontana era chiusa da tempo, andò dentro a prenderci dell'acqua. Gentilezze comuni, da queste parti, dove lo sanno tutti che c’è il Passatore, fa parte della cultura di questa gente.


Sono solo, mi fermo al ristoro, bevo e mangio, ma ormai comincia a non andarmi più niente di solido, non è il massimo, ma temo che dovrò andare ad acqua, zuccherini e tè fino alla fine. Ma va bene così, mangerò poi domani… Sto benino, provo a piegare le gambe, tutto ok. Riparto.


Continuo a scendere, non corro veloce, ma il mio passo è discreto, adesso devo pensare ad arrivare a Marradi, al km.65, è lontano ma devo arrivare là senza smettere di correre. Adesso è buio, io sono vestito di nero, il Baldo non è ancora tornato… Eccolo, lo vedo, lo chiamo, lui non mi aveva visto…


Finalmente mi cambio il maglioncino che mi ero messo su alla Colla, il Baldo lo diceva che era troppo pesante: più che altro era bagnato e adesso fa freddo, voglio roba asciutta. La strada inizia a spianare, ma devo continuare a correre, con metodo e pazienza, poi a Marradi mi fermerò qualche minuto…


Sono al 60°km, finalmente, mi fermo un attimo al ristoro, bevo tè caldo e zuccheri, adesso fa freschino, ormai sono le 22. Proseguo, rivedo le strade già fatte, i ponticelli, il Lamone, ormai ci siamo, entriamo nel paesone, l’ultimo prima di lasciare la Toscana: Marradi, finalmente. Si dice che la corsa inizia qui... Balle, è un pezzo che è cominciata, è da più di 7 ore che siamo in strada.


È tardi, ma c’è parecchia gente, guardo se trovo Gian Maria, quello della partenza, non lo trovo... Prima di fare tutto il paese la strada è lunga, ma ecco il traguardo intermedio del km.65, il chip suona sul tappeto rosso, passo. Tempo: 7h18’46”, sono 254°. Lo sapevo che in questi 17km sarei andato bene, ne ho passati tanti, però la discesa ora è finita. Ma sono avanti, molto avanti coi lavori.


Mi asciugo e mi cambio un’altra maglietta, il Baldo mi assiste, mi butta la salvietta in testa. Riparto, cammino per qualche metro per rilassare la muscolatura e abbassare il battito, ma anche solo camminando veloce mi capita a volte di superare qualche altro concorrente in difficoltà. Passo di fianco alla stazione, qui si lascia il paese, lo so bene.


Proprio qui alla stazione, mi sono trovato due volte con Vedilei e gli altri ultramaratoneti per gli allenamenti collettivi sul percorso… quella volta in gennaio nevicava, ma tanto, mentre venivo giù dalla Colla vedevo tutto grigio, avevo rischiato di congelarmi il cervello. L’altra volta, in aprile, era invece una bellissima giornata, e qui alla stazione ci ero arrivato stanco, ma avevo spinto in salita e venivo da una 42km cinque giorni prima…


Adesso invece sono qui al buio, penso che è il momento di ricominciare a correre, ma prima di farlo, ecco che supero un altro podista, di passo, gli do un’occhiata, mi sembra una fisionomia nota. Anche lui mi guarda. Smarrimento. Mi fa: “Andrea!” ed io: “Enrico!”.

Non ci potevo credere. Era proprio lui, Enrico Vedilei. Di passo, in crisi nera. Solo, nel buio della notte.


E’ la notte del Passatore, lunga, infinita, una notte che sembra non avere limiti di spazio e di tempo…

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