domenica 12 agosto 2012

La corsa di endurance ed i farmaci antinfiammatori

di Andrea “Darta” Zambon
Questo articolo nasce per caso. Seduto con lo sguardo assente, la testa a Cesenatico per la Nove Colli Running, il corpo ferito, immobile su una sedia con un’armatura che mi tiene immobile mezzo busto. Così alle 23 di venerdì sera ho avuto la brillante idea di accendere il PC e di mettermi a cercare, come spesso mi capita informazioni su corse, personaggi, materiali. Dopo una veloce ricerca mi imbatto sul giovanissimo ultrarunner Kyle Skaggs detentore del record della Hardrock 100 Endurance Run vinta nel 2008 in 23:23:30 abbassando di circa tre ore il record della corsa stabilito da Scott Jurek nel 2007 e rifilando al secondo oltre 6 ore.
La ricerca poi ha preso un’altra strada e il fenomeno Skaggs è stato solo marginalmente coinvolto ma si è rivelato pedina fondamentale per raccogliere molte informazioni.
Di Skaggs ce ne sono due e la mia attenzione ricade sul fratello Erik iniziando così una nuova ricerca.
Ho tradotto articoli vari e leggendo ricerche condotte da specialisti del settore, integrando con nozioni personali sono giunto a fare un sunto di tutto che riporto di seguito su una questione a mio avviso importante visto il continuo incremento di gare di endurance.
Sono le 5:40 del mattino e spero che questo lavoro possa servire a far cambiare idea anche a uno solo di voi.



Perché l'ibuprofene e la corsa di resistenza sono una combinazione pericolosa?

Studi sugli ultrarunners hanno dimostrato che i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) aumentano il rischio di insufficienza renale. Nei giorni seguenti la sua vittoria al USATF 2009 100K Campionato Nazionale Trail al Where's Waldo 100K vicino a Eugene, Oregon, Erik Skaggs, 27 anni, avrebbe dovuto essere celebrato e festeggiato per il suo risultato. Invece, si trovava rintanato in casa con sensazioni di nausea, debolezza, spossatezza e vomito. "Sentivo che qualcosa non andava già appena tagliato il traguardo” ha detto Skaggs all’Oregon Mail Tribune " poco dopo la gara."Mi sono sentito debole e strano tre volte, ma ho pensato che fosse un problema di elettroliti. Non avevo mai vomitato prima durante una corsa, proprio mai." Giorni dopo, in un ospedale di Ashland, a Skaggs è stata diagnosticata un'insufficienza renale acuta. I liquidi in eccesso, gli elettroliti e i materiali di scarto si accumulavano nel suo sangue. Dopo sei giorni di trattamento, Skaggs potè recarsi a casa per iniziare una lunga e lenta ripresa. Skaggs è un esperto ultrarunner con una conoscenza approfondita del proprio corpo, segue una corretta alimentazione, è capace di affrontare lo stress e, come in questa competizione, di correre per oltre 62 miglia. Skaggs aveva spinto il suo corpo agli estremi per il ottenere record nazionale di trail in 9 ore e 11 minuti ma comunque avrebbe potuto fare di piu’ non avendo sfruttato completamente le proprie capacità.

Ma allora che cosa è andato storto?

I medici attribuiscono che la crisi di Skaggs sia dovuta all’uso di ibuprofene, di farmaci over-the-counter (OTC) non steroidei, farmaci anti-infiammatori (FANS) durante la gara. "Ho avuto una lieve sofferenza al bicipite femorale che è peggiorata durante la gara", dice Skaggs. "Così ho preso circa 1000 mg di ibuprofene in nove ore, che in realtà non è molto, ma combinato con la disidratazione e la corsa dura ha prodotto alcuni effetti collaterali spiacevoli".Per ottenere un vantaggio nella competizione, oppure per rendere l'esperienza più confortevole e meno traumatica, è ormai prassi comune tra gli ultrarunners ricorrere all’IBUPROFENE (venduto come Brufen, Nurofen, Advil, Motrin e altre marche) per prevenire o alleviare il dolore e l'infiammazione. Tuttavia, alcuni esperti mettono fortemente in guardia gli atleti da questa pratica, classificandola come un "uso improprio" del farmaco. "Non vi è alcuna prova che i FANS riducano il danno muscolare e il dolore, ma gli atleti insistono sul loro utilizzo per tale motivo," dice il Dott. Marty Hoffman, direttore di ricerca per la Western States 100-Mile Endurance Run.

In effetti, i ricercatori che assistono i corridori presso i ristori e le postazioni mediche alla Western States 100-Mile Endurance Run non hanno rilevato differenze significative nella percezione del dolore tra i corridori che avevano assunto l'ibuprofene e quelli che non l’avevano preso.Tuttavia, i corridori non lo ascoltano e anzi molti credono fermamente che l’uso dei FANS sia parte integrante del loro successo. "Ho un flusso costante di ibuprofene nelle mie vene in ogni momento. Se io non l'avessi preso durante le gare, penso che avrei potuto ritirarmi", scherza Sarah Jurgaitis di Marengo, Illinois, che ha preso 4000 mg quest'anno durante il Vermont 100 (la dose massima giornaliera raccomandata è di 1200 mg). Ma gli effetti collaterali non vanno sottovalutati.


Perché è pericoloso l'ibuprofene?

L’ibuprofene e gli altri FANS sono generalmente sicuri quando si prendono per alleviare il dolore e lesioni correlate e l'infiammazione nel breve termine. Tuttavia, l'uso quotidiano è considerato dannoso e non sicuro, il farmaco infatti aumenta il rischio di sanguinamento gastrointestinale e interferisce con la produzione di collagene, che rende difficile per i muscoli, i tessuti e le ossa di guarire correttamente dopo lesioni o recuperare dopo un duro allenamento. Durante un evento faticoso come un’ultramaratona, i FANS mettono ulteriore stress sui sistemi del corpo che sono già compromessi a causa di disidratazione, affaticamento e stress ambientali come il caldo. Per mantenere un sano equilibrio dei fluidi, l'organismo perde il 2-3 per cento del proprio peso in acqua. Tuttavia, il bere troppa acqua, specialmente se combinata con ibuprofene, può portare ad iponatremia (gli elettroliti sono troppo diluiti). "I FANS potenziano l'azione dell’ormone vasopressina arginina e inducono i reni a trattenere l'acqua e spingere fuori il sodio, che può essere quello che necessiti e vuoi se sei disidratato", dice Hoffman."Ma se non sei disidratato, hai molte piu’ probabilità di causare l’iponatremia."
Idratarsi è importante, ma esagerare con i liquidi può sortire l’effetto opposto e arrecare danni più che vantaggi. Succede se si stimola eccessivamente la diuresi, impoverendo l’organismo di elementi essenziali per il suo buon funzionamento, ma si può arrivare anche a casi più estremi, in cui l’ingestione eccesiva di liquidi può causare l’iponatremia, un’intossicazione da acqua. Si verifica quando l’assunzione di liquidi è eccessiva e continuata e i reni non riescono a sopportarne il carico filtrando tutta l’acqua. In questo modo l’eccesso di liquidi passa al sangue e ai tessuti con effetti pericolosi: perdiamo sodio ed elettroliti e nei casi più estremi i tessuti arrivano a gonfiarsi e si producono anche danni alla respirazione.

Ma cos’è l’iponatremia?

L'iponatremia è la causa più grave di collasso come conseguenza dell'attività sportiva. In linea di massima sopraggiunge a seguito dell'assunzione di liquidi ipotonici, che non contengono sodio o in minima parte, per far fronte alla perdita di sudore generalmente ipertonico. I casi più comuni si verificano nelle gare di resistenza particolarmente lunghe e sono più frequenti fra le donne, i corridori più lenti e tutti coloro che assumono acqua invece di sports drink addizionati con sodio. I sintomi di iponatremia dipendono dalla gravità della mancanza di sodio. Una concentrazione normale di sodio nel sangue va da 135 a 145 mEq/L, e il grado di iponatremia può essere da leggero a grave:
1. Leggero (sodio = 131-134 mEq/L), di solito non ha sintomi;
2. Moderato (sodio = 126-130 mEq/L), possono comparire fastidi, nausea, stanchezza, confusione mentale e la cosiddetta "andatura a fantasma" ovvero movimenti involontari e ripetuti delle gambe in fase di riposo);
3. Grave (sodio <126 anche="anche" apoplettico="apoplettico" colpo="colpo" coma="coma" e="e" la="la" meq="meq" morte.="morte." provocare="provocare" pu="pu">


Gli esami del sangue effettuati su un atleta iponatremico rivelano, solitamente, una temperatura rettale inferiore ai 39°C e pressione sanguigna e frequenza cardiaca nei valori normali. Il livello di coscienza va sempre a diminuire allorquando si passa da una fase moderata ad una più grave. L'iponatremia causata da un eccesso di liquidi provoca nell'atleta gonfiori e la sensazione che gli anelli, l'orologio e le scarpe siano più stretti che in precedenza: in questo caso si è verificato un deciso aumento di peso nel corso della competizione. Tuttavia, gli atleti iponatremici possono anche essere disidratati o avere un minor volume sanguigno e ciò si spiega con il fatto che hanno recuperato solo in parte le perdite di sudore con i liquidi ipotonici che hanno assunto. Questo tipo ipotonico di iponatremia è piuttosto comune tra i corridori più veloci. L'esperienza ci insegna che si può parlare di iponatremia se la temperatura rettale, la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca sono su valori normali per l'atleta che ha subito un collasso e presenta un abbassamento del livello cosciente. Quando l'atleta dà segni di iperidratazione, bisogna assolutamente evitare la somministrazione di liquidi per via endovenosa in quanto si rischia di danneggiare il cuore o addirittura arrivare alla morte. Quando l'atleta sembra disidratato e si presume abbia un volume sanguigno basso, una somministrazione endovenosa di soluzione salina serve a ripristinare acqua e sali. Nei casi più gravi, si può optare per soluzioni saline altamente ipertoniche (3-5%) da iniettare molto lentamente (meno di 50 ml/h) tenendo sotto continuo controllo le condizioni generali dell'atleta. La maggioranza degli atleti che presentano forme anche piuttosto gravi di iponatremia recuperano da soli nel giro di 1-3 ore di riposo e cure di sostegno. Quando l'urina diventa abbondante e chiara, l'atleta è in fase di recupero. Ritornando al nostro articolo Hoffman sostiene che nei casi più gravi questa condizione provoca l'accumulo di acqua nei polmoni e nel cervello e può condurre a convulsioni, coma e morte.Un corridore che sta passando solo piccole quantità di urina scura e ha le gambe gonfie, le caviglie e i piedi sta mostrando segnali di pericolo di un'altra condizione dannosa. "L'evidenza suggerisce che l'iponatremia aumenta il rischio di rabdomiolisi ovvero la disgregazione muscolare che produce prodotti di scarto che intasa i reni e che può portare ad insufficienza renale acuta", dice Hoffman.Tra il 2002 e il 2006, il dottor DC Nieman, direttore del laboratorio di performance alla Appalachian State University, ha condotto uno studio che confronta i tempi dei finisher, il tasso di sforzo percepito e gli stati fisici (con campioni di sangue pre e post-gara) tra due gruppi di concorrenti alla Western States 100-Mile Endurance Run. I membri di un gruppo hanno preso tra i 600 e i 1200 mg di ibuprofene prima e durante la gara, e i membri dell'altro gruppo non hanno preso alcun antidolorifico.Lo studio del Dr. Nieman ha trovato poco variazione tra i due gruppi quando si trattava di dolore muscolare o di prestazioni, ma ha trovato più casi di infiammazione e endotossiemia (quando si ha perdita di tossine nel flusso sanguigno attraverso il colon) tra gli uitilizzatori di ibuprofene.
"L’ibuprofene non ha avuto effetti benefici sul dolore muscolare", dice Nieman. "Quando ho presentato questi risultati a un seminario per i corridori della Western States 100-Mile Endurance Run, praticamente tutti hanno detto che avrebbero continuato ad usare l'ibuprofene."Altri hanno chiesto a Nieman dei sostituti dell’ibuprofene e la sua ricerca ha dimostrato che una combinazione di quercetina, estratto di tè verde e olio di pesce puo’ essere molto efficace.


Potrebbe accadere a me?

Purtroppo, questi casi pericolosi non sono così infrequenti. L’anno scorso alla Western States 100-Mile Endurance Run su 399 partecipanti, cinque sono stati ricoverati in ospedale con iponatremia e rabdomiolisi. L'uso frequente di farmaci può essere problematico, infatti recenti ricerche hanno dimostrato che l'uso di ibuprofene a lungo termine incrementa il rischio di malattie cardiache. Hoffman, quattro volte finisher alla Western States 100-Mile Endurance Run, è in missione per salvare vite umane attraverso l'educazione nella comunità dei trail runners circa i pericoli connessi all'uso di FANS durante le gare. "Abbiamo esaminato i finisher del 2009, alla Western States 100-Mile Endurance Run e al Vermont 100-miglia, e di 701 intervistati, il 56,3% ha dichiarato di utilizzare i FANS durante la corsa,". Hoffman dice: "Credo che il numero dovrebbe essere pari a zero."

2 commenti:

  1. Ottimo articolo, è da tempo che conosco atleti che durante la maratona si buttano giù pastiglie di brufen...

    RispondiElimina
  2. Incredibilmente nauseante!!! Sp3ro serva a tutti
    personalmente sto distante dalle ultra ho sempre ritenuto siano troppi k ...troppi
    non parliamo quando si vogliono stabilire record cosa succede al al fisico
    questo articolo ne e' una testimonianza

    RispondiElimina